Decreto Dignità, come cambia il lavoro a termine

Decreto Dignità, come cambia il lavoro a termine

Il Decreto Legge n. 87 del 12 luglio 2018 (c.d. Decreto Dignità), in vigore dal 14 luglio 2018, apporta rilevanti modifiche alla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato.

Le disposizioni introdotte dal Decreto Dignità si applicano:

  • ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati successivamente all’entrata in vigore del decreto in esame nonché
  • ai rinnovi ed alle proroghe dei contratti in corso alla data di entrata in vigore del decreto.

Apposizione del termine e durata massima

Il Decreto Dignità stabilisce, innanzitutto, che al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata:

  • non superiore a 12 mesi (anziché gli attuali 36 mesi). In tal caso il contratto sarà “acausale”;
  • non superiore a 24 mesi solo in presenza di almeno una delle seguenti causali:
  • esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze sostitutive di altri lavoratori;
  • esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.

Viene inoltre stabilito che, fatte salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi ed escluse le attività stagionali,

  • la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, non possa superare i 24 mesi (anziché gli attuali 36 mesi);
  • qualora il suddetto limite di 24 mesi venga superato, per effetto di un unico contratto o di una successione di contratti, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di tale superamento.

Ad eccezione dei contratti di durata non superiore a 12 giorni, l’apposizione del termine è priva di effetto se non risulta da atto scritto, una copia del quale deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro 5 giorni lavorativi dall’inizio della prestazione.

L’atto scritto deve contenere, in caso di rinnovo, l’indicazione delle predette esigenze (temporanee ed oggettive, ovvero connesse ad incrementi temporanei) in base alle quali è stipulato.

In caso di proroga dello stesso rapporto tale indicazione è necessaria solo se il termine complessivo eccede i 12 mesi.

Proroghe e rinnovi

Il contratto può essere rinnovato solo in presenza di:

  • esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero per esigenze sostitutive di altri lavoratori;
  • esigenze connesse da incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.

Il contratto può essere prorogato liberamente nei primi 12 mesi e, successivamente, solo in presenza delle suddette esigenze.

Il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a 24 mesi (anziché gli attuali 36 mesi), e, comunque, per un massimo di 4 volte (anziché le attuali 5) nell’arco di 24 mesi (anziché gli attuali 36 mesi) a prescindere dal numero dei contratti.

Qualora il numero delle proroghe sia superiore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta (anziché sesta) proroga.

Incremento contribuzione addizionale contratto a termine

Il Decreto Dignità provvede ad aumentare gli importi dovuti a titolo di contributo addizionale per le prestazioni di lavoro a termine.

Più precisamente, l’art. 3, comma 2, del DL n. 87/2018 stabilisce che l’importo previsto dalla disciplina di cui all’art. 2, comma 28, della Legge n. 92/2012, pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali, venga incrementato di 0,5 punti percentuali in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in somministrazione.

Ne consegue, pertanto, che, il contributo addizionale della retribuzione imponibile ai fini previdenziali a carico del datore di lavoro (attualmente pari all’1,4%) è aumentato, per ciascuno dei rinnovi avvenuti dal 14 luglio 2018, dello 0,5%.

Decadenza e tutele

Viene infine stabilito che l’impugnazione del contratto a tempo determinato debba avvenire entro 180 (anziché 120) giorni dalla cessazione del singolo contratto.

 

Si rimane a disposizione per eventuali chiarimenti in merito.

Cordiali saluti. Studio Ghiotto

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